“Cuori di carta” il libro più amato dagli 80 ragazzi in giuria
E’ Elisa Puricelli Guerra con “Cuori di Carta”, edizioni El, la vincitrice della 63esima edizione del “Premio Castello” Giulio Nascimbeni. A decretarlo una giuria composta da oltre 80 studenti delle scuole secondarie di primo grado del Veronese che del libro di Puricelli Guerra hanno amato “il desiderio di libertà, avventura, il coraggio di due adolescenti, i protagonisti del libro, che costretti a vivere in una società ostile, si conoscono, attraverso biglietti lasciati tra le pagine di alcuni libri della biblioteca della loro scuola, condividono il loro vissuto più profondo e si innamorano”.
Elisa Puricelli Guerra è nata a Milano dove vive e lavora. Si è laureata in Storia Medioevale all’università Statale di Milano e dal 1998 si dedica alla letteratura per ragazzi. Lavora da anni come editor e traduttrice e ha pubblicato diversi romanzi. E’ da sempre una lettrice compulsiva di libri di tutti i generi e, se fosse un mestiere, passerebbe il suo tempo a leggere.
“Cuori di carta” era stato proposto alla lettura dei ragazzi dalla giuria di esperti del premio assieme a “La Repubblica delle farfalle” di Matteo Corradini edito da Rizzoli e “La musica del mare” di Annamaria Piccione edito da El. Una terna di candidati di alto livello che Gian Paolo Marchi, Maria Fiorenza Coppari, Giulio Galetto, Piero Zanotto e Alessandro Braga a giugno hanno selezionato tra i 44 libri proposti da prestigiose case editrici.
Prima della finalissima i tre autori hanno incontrato il gande pubblico sotto la Loggia degli Scaligeri per un’anteprima del premio dedicata agli appassionati della lettura nell’ambito del festival veronese del libro e della lettura “LibrarVerona”.
“Cuori di Carta”
Il romanzo si apre con un messaggio lasciato dentro un libro da una ragazza. Un compagno di scuola lo trova e i due cominciano a scriversi senza incontrarsi mai. Non si firmano neppure con i loro
nomi, ma come Una e Dan. Gli adolescenti cercano di scoprirsi attraverso quello che si scrivono, si punzecchiano, flirtano, e si rivelano uno all’altra come forse non sarebbero mai
riusciti a fare di persona. A poco a poco, però, dalle loro parole emerge una realtà sempre più strana e inquietante. Dan e Una, assieme a migliaia di coetanei, vivono in un bellissimo e accogliente istituto e ogni sera, prima di addormentarsi, sono costretti a prendere un confetto rosa, dolcissimo che elimina la loro memoria. Dan e Una continuano a scriversi e a registrare tutto, finché la realtà, cruda e feroce, irrompe nelle loro vite e li costringe a uscire allo scoperto. Cos’è l’istituto che frequentano? Un collegio, una scuola speciale o un riformatorio? E perché tutti i giorni devono prendere la medicina che cancella i loro ricordi?
“Dan e Una – ha spiegato l’autrice – non si scambiano email, ma messaggi su foglietti di carta. Un modo di comunicare alternativo in tempi di social network, ma che non tramonterà mai. La carta, così come il desiderio di libertà dei protagonisti, pervade tutto il libro. I ragazzi si scrivono dentro una biblioteca, il loro rifugio, lasciandosi messaggi dentro alcuni romanzi di Kipling, Dumas, Carroll e Melville che lì sono custoditi. Il racconto è una distopia, ovvero l’opposto dell’utopia, il racconto di un incubo che si avvera. Per i protagonisti è la paura di non essere liberi, ma programmati in quella scuola in cui non sono un nome, ma un numero tanto che per comunicare i protagonisti creano nomi di fantasia. Una condizione che sarà per i ragazzi il trampolino di lancio per cambiare la situazione e rovesciare le proprie sorti grazie alla forza dell’amicizia e dell’amore. Il mio è stato un tentativo letterario che mi ha colpito in grandi autori come Ray Bradbury in Fahrenheit 451 o George Orwell in 1984. Anche nelle loro opere come nel mio libro il futuro è un incubo in cui la memoria e i libri, quindi la cultura, vengono eliminati”.